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  • Immagine del redattoreFrancesca Corrado

Il valore del dubbio in un mondo complesso.




La parola «complessità» è una di quelle che più ho letto e ascoltato negli ultimi anni, insieme a «resilienza» e «crisi», e spesso tutte e tre i vocaboli erano pronunciati nella stessa frase. L’uomo è complesso. Il mondo in cui vive ha i suoi stessi caratteri di complessità. Le aziende, l’economia, la nostra vita sono complessi, per non parlare dell’amore e delle relazioni.

Sarete d’accordo con me: dire che «tutto è complesso» non ci aiuta in alcun modo a fare chiarezza. Ma neanche il vocabolo stesso, «complessità», è utile a dipanare la confusione perché come afferma E. Morin, la parole comprende incertezze, indeterminazioni, fenomeni aleatori, ossia una certa commistione di ordine e di disordine.


In questo sistema complesso le nostre certezze non hanno più l’aspetto delle linee colorate disegnate sulle mappe delle metropolitane con le quali ci muoviamo sicuri nelle città di tutto il mondo. La nostra conoscenza smette di essere la bussola che punta sempre nella giusta direzione. L’universo in cui abitiamo e viviamo, pur essendoci nati dentro, ci è poco noto, contiene indeterminatezza, disordine, imprevedibilità e l’errore è parte integrante del sistema.


E' per questo che se vogliamo essere innovatori, nel senso di portatori di cambiamenti nella vita e nel nostro lavoro, dobbiamo imparare a dubitare. Se vogliamo essere creativi dobbiamo abbracciare la nostra insicurezza, perché dai dubbi e dall’incertezza arrivano le buone domande.

Il mio professore di filosofia al liceo ci incoraggiava spesso così: «Il dubbio è l’unica certezza; fate del dubbio il vostro metodo di conoscenza». Più o meno quello che Karl Popper affermava con la frase: «La consapevolezza non inizia con la cognizione o con la raccolta di dati o fatti, ma con i dilemmi». Ho capito il senso di quell’esortazione soltanto molti anni dopo.


Il dubbio crea opportunità.

Da dove nasce il dubbio? Dalla curiosità.




E non è un caso che sia così.

Curioso è qualcosa di strano, singolare, bizzarro, fuori dalla norma e che rompe gli schemi. Proprio come consideriamo fuori dall’ordinario gli errori e i fallimenti.

Si definisce «curiosa» una persona che si prende cura di qualcosa, che vuole sapere, indagare, conoscere ciò che non è noto. Se crediamo di sapere già tutto, non nutriremo alcun desiderio. Se pensiamo di essere sempre in grado di trovare le soluzioni ai problemi, andremo alla ricerca di risposte definitive a ogni nostra crisi.


«Nel posto da cui vengo ci inchiniamo sempre quando qualcuno fa una domanda acuta… Una risposta non merita mai un inchino: per quanto intelligente e giusta ci possa sembrare, non dobbiamo mai inchinarci a una risposta… Chi si inchina si piega» continuò Mika. «E perché no?» «Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre». C'è nessuno?

Le idee dei bambini hanno tutte un punto di domanda e ogni errore ha bisogno di un punto interrogativo per dissolversi. I bambini invitano noi adulti a disegnare più domande invece che costruire risposte. Invitano a stupirci, a vivere non dando niente per scontato ma mantenendo il candore della meraviglia, il sapore anche amaro della stranezza, il gusto dolce della scoperta, senza guardare il mondo con la lente dei pregiudizi, ma con gli occhi sempre nuovi di chi sa di non sapere ma è disposto a cercare.


Certo tutti vorremo mostrare sicurezza e nascondere la fragilità dei nostri dubbi.

Ma sarebbe un errore madornale.

Se abbiamo anche soltanto il dubbio di non sapere, ci verrà la curiosità di conoscere e di apprendere, di farci altre domande senza accontentarci di una cattiva risposta. Il dubbio, come l’errore, è un marchio: mette paura perché lo avvertiamo come sinonimo di indecisione, di impreparazione e di debolezza. Invece dobbiamo imparare a dubitare delle nostre certezze e a non temere il dubbio, perché ci dà il senso del limite e della nostra fallibilità.

Nessuno di noi è esente da errori, e nessun campo si sottrae alla precarietà umana. Ciò che fino a ieri consideravamo certo oggi può rivelarsi non del tutto corretto, perché la complessità del mondo ci preclude una comprensione completa delle cose.

La conoscenza stessa non è un percorso lineare, ma pieno di insidie.

Il dubbio non è figlio della fragilità, ma della consapevolezza.

E l’essere consapevoli non è una debolezza: è la misura della nostra forza.

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