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  • Immagine del redattoreFrancesca Corrado

PRODOTTI IN-POSSIBLE.

Quando l’idea non piace al mercato.




Raccontare a se stessi gli errori è difficile, ma non quanto raccontare agli altri i nostri fallimenti e la ragione dei nostri insuccessi dovuti alle regole che abbiamo cercato di infrangere.

Siamo abituati a costruire narrative di successo per ogni dimensione della nostra vita: quella personale raccontata sui social, quella lavorativa scritta sul curriculum. Se siamo un’azienda, il nostro sito sarà pieno di case history di successo e di storie di clienti soddisfatti dalle soluzioni proposte.

Il flop dei nostri prodotti, le lamentele dei clienti, gli errori nella esecuzione o pianificazione di un nuovo progetto imprenditoriale saranno espunti dalla storia produttiva e dal racconto aziendale come inciampi da dimenticare. Rendere invisibili le battute d’arresto fa sembrare le nostre vite perfette, una serie costante di trionfi, di premi vinti, di riconoscimenti e apprezzamenti ricevuti. Tuttavia, nascondendo gli insuccessi siamo più facilmente esposti a un errore sistematico, quello di credere che abbiamo un maggiore controllo sui fattori che determinano il successo.


Ma vi siete chiesti quanti prodotti e servizi sopravvivono?


I dati non mentono. Solo il 20% dei nuovi prodotti emerge, il restante 80% si rivela un flop anche quando è ideato e distribuito da brand conosciuti al grande pubblico e da aziende di lunga esperienza nel campo delle innovazioni.

Nonostante le buone intuizioni di creativi, ricercatori, sviluppatori, alcuni prodotti non hanno incontrato i gusti del pubblico. O magari hanno anticipato i tempi, gettando le basi per altre invenzioni.

Nel 2017 lo psicologo svedese Samuel West, dopo una visita al Museo delle relazioni interrotte che si trova a Zagabria, ha pensato di riservare un posto d’onore anche ai prodotti che non hanno avuto successo sul mercato.

E ha realizzato il primo Museo del fallimento, a Helsingborg, in Svezia.

Il Museo accoglie una sessantina di flop selezionati tra esperi- menti tecnologici (Apple e Google), fallimenti commerciali (Kodak, Sony, Nokia), errori nel campo pubblicitario. E nasce per celebrare la creatività di chi ha avuto il coraggio di rischiare e l’ardire di coloro i quali credono che l’innovazione nasce da un errore. Sappiamo che la maggioranza dei progetti innovativi fallisce, ma tendiamo a dimenticarlo.

Il Museo del fallimento è un luogo che preserva la nostra memoria, mettendo in mostra questi flop e offrendo al visitatore una esperienza di apprendimento, esaltando la natura fallibile dell’idea e il lato umano della merce e di chi l’ha progettata.


E’ più facile per un prodotto fallire che sopravvivere.

R. McMath


Gli annali delle invenzioni sono pieni di errori e di scelte che non hanno incontrato il gusto del vasto pubblico o di una particolare cultura. Una ricerca focalizzata sui prodotti di largo consumo condotta dal professor C. Christensen dell’ Harvard Business School rivela che, nell’arco di un anno, circa il 80% dei lanci di nuovi articoli immessi sul mercato fallisce, non raggiungendo un numero di pezzi venduti adeguato alle aspettative minime. Tra il 2011 e il 2013 furono lanciati, secondo uno studio di Nielsen oltre 61.000 nuovi prodotti. Il 76% dei quali non ha avuto successo sul mercato.

Si innova sperimentando per prove ed errori, ma si innova anche condividendo internamente le bad practice e facendo tesoro dei fallimenti dei concorrenti come dei propri.

Da un errore infatti possono nascere prodotti originali, idee di successo o nuove ricette come le patatine fritte, la crêpe suzette, i cookies con gocce di cioccolato, il gorgonzola, la salsa Worcestershire, la torta di mele rovesciata.

Alcune recenti ricerche hanno evidenziato che un prodotto nato da un errore è ritenuto più improbabile di un prodotto realizzato senza imperfezioni. Siamo portati a presumere che gli altri facciano quello che intendono fare e che lo facciano al meglio. Questo pregiudizio dell’intenzionalità porta i consumatori a considerare il prodotto fabbricato per errore come unico. Il pregiudizio migliora, paradossalmente, la loro percezione sulla qualità del prodotto stesso e quindi le loro preferenze. Le aziende potrebbero cogliere una ulteriore opportunità sfruttando imperfezioni ed ogni inintenzionale errore.



ALESSI IN-POSSIBLE.

Quando l’idea non è ancora prodotto.


Alessi, storico brand italiano di oggetti di design, tra dicembre 2016 e gennaio 2017 ha celebrato i sui fallimenti con una mostra Alessi In-possible. Quando l’idea non è ancora prodotto. Esponeva oltre cinquanta oggetti di design mai messi in produzione. Prototipi, schizzi, disegni tecnici, prove colore, stampi che testimoniano gli errori nell’ideazione, nell’esecuzione o nella pianificazione economica.

Ci sono forchette che non era chiaro come utilizzare; bicchieri pensati con materiali inadeguati; penne troppo costose da produrre, caffettiere difficili da realizzare e caraffe in equilibrio instabile.


La nostra missione consiste nell’esplorare l’immensità del possibile creativo, una zona ad altissima turbolenza. Il nostro destino ci spinge a camminare per strade che non sono state ancora aperte, a battere sentieri sconosciuti per raggiungere il cuore del pubblico.

A. Alessi


Ma è dal 1992 che Alessi tiene traccia della sua produzione di prodotti di successo ma anche di prototipi, esperimenti falliti e molti altri elaborati divenuti poi celebri o mai entrati in produzione. Un archivio “di problemi risolti e irrisolti” che contiene oltre 25.000 oggetti e 20.000 disegni da consultare per non commettere gli stessi errori.


Anche Enzo Ferrari possedeva un archivio. Le riunioni del lunedì a Maranello, dopo ogni Gran Premio, alle quali partecipavano i tecnici e il direttore sportivo, si tenevano nella «stanza degli errori», così chiamata perché lì un armadio a vetro custodiva, con tanto di targhette, i pezzi difettosi risultati da un processo di costruzione sbagliato, così come pistoni, bielle, bronzine, candele e altre componenti delle automobili che in gara avevano ceduto, simbolo di una cattiva performance o di una sconfitta.

Per rimanere in tema di arte e design, nella stessa direzione andava il progetto espositivo Failures ideato dal collettivo Raumplan nel 2016. Un ampio percorso espositivo dedicato ai fiaschi di grandi designer, tra cui Ettore Sottsass, o di noti brand come Kartell.

Chi non fa ricerca e non sperimenta non sbaglia, certo, ma senza ricerca non si innova.



SE VUOI SCARICARE IL PDF COMPLETO DI QUESTO ARTICOLO CLICCA SU Museo del Fallimento e altre storie.

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